Di fronte alla sede municipale (Palazzo Isimbardi) di Via Marconi, si trova la Fontana detta “Dei 4 cannoni” per indicare le 4 bocche dalle quali sgorga acqua proveniente dalla collina di Montalino.
A partire dalla fontana dei quattro cannoni possiamo inoltrarci in una mappa dell’acqua che scorre sotterranea a Stradella, ma che riaffiora nei toponimi, così come nei luoghi di culto, e che impregna la sua storia sociale fatta di lotte della comunità per l’acqua pubblica.
La facciata della fontana si è trasformata radicalmente nel corso dei secoli così come sono cambiati i moniti impressi sui suoi muri per regolamentare l’uso dell’acqua. L’iscrizione del 1604, di fianco al dipinto della Vergine sulla facciata di levante della casetta, diceva: “Presa da questa gente scorre acqua purissima”. Le parole che furono incise o affisse nei secoli successivi diventano sempre più dettagliate nel loro scopo di sancire le pratiche consentite o interdette nell’uso della fontana. Il divieto iniziale di lavare la biancheria negli abbeveratoi fu affiancato dalla proibizione di attingere acqua con “brente, mastelli e altri simili recipienti”, “di appendere “secchi od altro ai rubinetti” e “di bagnare il terreno attorno alle vaschette che debbono raccogliere le acque fluenti”. E’ permesso, invece, “attingere acqua solo per gli usi domestici e con secchi”. Il passaggio dell’acqua della fontana da risorsa comune il cui uso è fondato sulla consuetudine a risorsa pubblica gestita dal potere statale è legato alla storia sociale di Stradella. La denominazione di fontana pubblica, infatti, prende piede nel momento in cui il diritto della Comunità di Stradella all’acqua è minacciato dal potere della Casa Isimbardi e in seguito della Casa Arnaboldi. La fontana dei quattro cannoni, per sua stessa struttura, è stata al centro di una contesa sull’acqua. Si tratta di una fontana divisa in due tra il privato e il pubblico: mentre i quattro “cannoni” da cui sgorga l’acqua sorgiva si trovano in territorio comunale, la cisterna, sebbene adiacente, fa parte di un giardino di proprietà privata. I proprietari, il marchese Isimbardi fino alla fine del ‘700 e gli Arnaboldi poi, rivendicarono il loro diritto all’uso privato dell’acqua a scapito dell’uso consuetudinario fatto dalla comunità. Il primo deviava l’acqua dal serbatoio al gioco di acque interne al palazzo (fontana con putto che si può vedere nel cortile interno dell’attuale municipio), il secondo, invece, alle attività della filanda di sua proprietà. E’ proprio nel momento in cui ebbe inizio la contesa sull’acqua, con esiti a volte a scapito e altri a favore della comunità, che s’iniziò a parlare dei “quattro cannoni” come di una “fontana pubblica” e delle sue acque come proprietà comune da difendere.
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